Affrontare una diagnosi di AIS non è facile, anche se la condizione non è grave dal punto di vista della salute. Dal punto di vista psicologico molti temi delicati vengono coinvolti. Una diagnosi di AIS tocca la sfera più intima di una persona, la definizione di se stessa, i suoi rapporti affettivi e sessuali, la sua possibilità di avere figli.
Altri problemi nascono dal confronto con la società. Questi temi sono poco conosciuti, spesso confusi con condizioni differenti quali l’omosessualità o la transessualità, che riguardano invece l’orientamento sessuale e l’identità di genere di una persona; vengono spesso trattati in modo sensazionalista, con scarsa sensibilità e attenzione. Il confronto con la società crea un conflitto tra il desiderio di condividere con altri la propria esperienza e il desiderio di tacere per paura di venire feriti, fraintesi, delusi.
Il modo in cui ciascuno vive la situazione è molto personale, tuttavia alcune difficoltà sono comuni.
Persone con AIS e condizioni simili
Le conseguenze che l’AIS comporta dal punto di vista psicologico possono essere molte e variano di solito non solo in rapporto alla modalità ma anche all’età in cui viene comunicata la diagnosi.
Le ragazze che ricevono una diagnosi di CAIS dopo il periodo adolescenziale di solito non mettono in discussione la loro identità sessuale, in base alla scoperta di un cariotipo XY, ma continuano a vivere normalmente la loro femminilità trovando nella diagnosi la risposta a tutti quei problemi che in qualche modo la ostacolavano. Primo fra tutti l’impossibilità di avere figli e la difficoltà, ma solo in alcuni casi, di avere un rapporto sessuale completo a causa dell’ipoplasia vaginale.
Determinante è anche la storia familiare. In molti casi i genitori, pur sapendo, tacciono la verità alle figlie le quali, nel momento in cui vengono a conoscenza della loro condizione, perdono fiducia e rispetto nei loro confronti. In quanto figlie si sentono tradite e private di una parte così importante della loro storia e della possibilità di elaborarla. A questo proposito va sottolineato che molto spesso si viene a conoscenza della propria condizione tramite Internet o personale medico poco informato. Al contrario se i genitori vivono l’esperienza dell’AIS insieme alle figlie i rapporti si mantengono generalmente buoni e si creano le condizioni per affrontare e superare più serenamente la diagnosi.
In molti casi, però, si viene a conoscenza della propria condizione di AIS sin dalla più tenera età. In questi casi si conoscono mezze verità, si percepiscono pesanti silenzi e ombre inquietanti legate soprattutto a parole sentite qua e là o a esperienze che si è state costrette a vivere. In effetti quando è stata effettuata una gonadectomia precoce si deve seguire una terapia ormonale sin da bambine, subendo continue visite e spesso violenze della propria intimità e privacy da parte di intere equipe mediche.
Ma nessuno dice le cose come stanno e le bambine cominciano a sentirsi diverse, mancanti in qualcosa e di qualcosa che le spinge alla solitudine, alla segretezza e alla passiva accettazione di quanto verrà loro imposto. Si sottopongono così piccole a esami e interventi chirurgici nonché a pratiche post-operatorie (come l’uso di dilatatori) senza averne compreso il senso e il fine. A chi dirlo? Con chi confidarsi? Gli altri non possono capire e loro stesse non capiscono: l’unica soluzione diventa quindi la rimozione del problema.
Ma per non pensarci si finisce per isolarsi ulteriormente evitando accuratamente ogni possibile incontro sentimentale, negandosi la concreta possibilità di risolvere i problemi che eventualmente l’AIS comporta. È inoltre nella fase preadolescenziale che sapere che il proprio cariotipo è maschile può comportare dubbi e perplessità sulla propria identità sessuale anche se solo per un breve periodo.
L’esperienza dell’associazione mostra come l’incontro tra persone che condividono gli stessi problemi porti a un loro progressivo ridimensionamento: i problemi dell’una sono i problemi di tutte le altre e toccare con mano le esperienze altrui indica spesso la strada a soluzioni impensate. È così che le difficoltà nei rapporti sentimentali vengono lette come conseguenze di paure spesso infondate, le difficoltà nei rapporti sessuali trovano varie possibili soluzioni e alcuni particolari apparentemente insormontabili, come l’assenza di peluria, perdono la loro importanza di fronte a esperienze positive di relazione con l’altro sesso. Molte delle ragazze con AIS hanno rapporti di coppia felici e duraturi con persone che hanno tranquillamente accettato la loro condizione.
Può essere invece più complicata la situazione del PAIS o di altre condizioni simili in cui può essere presente un’atipicità genitale, causata da una parziale sensibilità agli ormoni maschili. Dal punto di vista psicologico questo potrebbe comportare, a prescindere dal sesso assegnato, una difficoltà di riconoscersi in esso con molti dubbi e incertezze sulla propria identità e orientamento sessuale.
Persone con genitali atipici alla nascita e successivamente femminilizzate, riportano un’inquietudine e un senso di castrazione, e possono in alcuni casi non riconoscersi in un’identità di genere femminile. È per questo che ultimamente si tende, in alcuni di questi casi, a prendere in considerazione anche la possibilità di un assegnamento in senso maschile.
In ogni caso è necessario farsi carico di queste inquietudini e sentimenti, senza operare nessuna forma di riduzione e repressione, dando la possibilità di trovare una maggior chiarezza del proprio corpo, della propria identità, e quindi delle possibilità più proprie di essere felici.
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Per approfondire: le ricerche di ambito psicologico.
Vi rimandiamo, inoltre, alle sezioni Essere genitori e Gruppo di supporto per consigli su come affrontare la diagnosi.